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lunedì 11 giugno 2012

La vecchia 1100 del babbo di Giuseppe...

Guccini e i Nomadi. Il primo lo adoro, i secondi li detesto. Sarà perchè in valle erano il gruppo di punta quando iniziavo a suonare, e allora tutti chiedevano: «Fai su Vagabondo!» ("fai su" nel vernacolo sta per "intona..."; ma anche "rollane una o uno", oppure anche roba più esplicitamente sessuale, nel qual caso è "fammi su"). A me Io vagabondo sta veramente sul cazzo. È un pò come quando a un coro di montagna chiedono di cantare "Signore delle cime"... basta, ha rotto, è decisamente decadente.
Ad ogni modo, Guccini e i Nomadi nel '79 registrarono un live fantastico, molto rock blues, con un bontempistico Beppe Carletti all'hammond e un grande Flaco Biondini alla chitarra. Il concerto si chiude con Statale 17, introdotta dai soliti cappelli iniziali alla Guccini, che poi sono il bello dei suoi concerti. «[...] dice: quella sera partimmo, John, Dean e io sulla vecchia Pontiac del '55 del babbo di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson.... porco che roba! Poi lo trasformi in italiano e diventa: quella sera partimmo con la vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant'Anna Pelago....non è la stessa roba! Gli americani ci fregano con la loro lingua....».

Io la fiat 1100 me la ricordo bene. Mio papà l'aveva grigio fumo londra, aveva la mascherina frontale con sguardo feroce ed effettivamente incuteva un certo timore. Non come la '500 che fa simpatia, o la '600 che sembra Poldo col panino in bocca. La 1100 aveva qualcosa di scontroso, alla "cazzo guardi?". La parcheggiava sotto il balcone e per farlo doveva infilarsi tra la scala che portava al piano di sopra e il muro di facciata della casa. Praticamente un lavoro da cecchino austriaco. E non ha mai sbagliato un colpo.
Mio fratello ci giocava con la 1100. Nel senso che ci saliva e fingeva di guidare. L'abbiamo fatto tutti no? Però lui aveva anche il passeggero. Io, ovviamente. Che ovviamente non mi ricordo nulla. Avrò avuto una manciata di anni. Insomma, lui stava al volante e io gli facevo da navigatore e ci passavamo il tempo immaginando viaggi e gare di rally.
Un giorno la 1100 era parcheggiata nel garage, no nel sottoscala; ora, per arrivarci, a casa dei miei, c'è una bretellina che sale dalla provinciale. Se giri a destra c'è il garage. Il garage è in piano, ma la stradina che ci arriva è in salita. Decisamente in salita. Insomma, da che mi racconta, qual pomeriggio siamo sulla 1100 e si viaggia alla grande. Nello smanettare col cambio, l'idiota, lascia la leva in folle. Dopo pochi secondi, la 1100 inizia una lenta e inesorabile retromarcia, rivelando che in realtà il garage proprio in piano non è (alla faccia delle bolle dei magutti valdimagnini...). Panico. Mio fratello, ovvio. Io mica mi accorgo. Lui vola giù dalla macchina, si mette a culo della 1100, si puntella sui piedi e tenta disperato di bloccarla. Niente da fare. Allora lascia che l'inesorabile accada. L'auto se ne va con sopra un'inconsapevole navigatore. L'inesorabile prende poi la forma di una 1100 con le ruote posteriori penzolanti nel vuoto del muretto antistante il garage...
Io non me ne ricordo proprio nulla, ma mi piace immaginare la scena di me che saluto sorridente dal finestrino un mio fratello che invecchia all'istante di 1100 anni.

Vabbè ma mio fratello è uno che ci teneva ad avere il navigatore con sè. Aveva un Califfone della Atala. Rosso fuoco. Ogni tanto mi portava a spasso; mi ricordo che giravamo per il paese a distribuire gli avvisi per i prelievi dei volontari AVIS. Lui stava in sella a smarmittare, io ad ogni tappa smontavo, suonavo il campanello, lasciavo l'avviso, rimontavo, ripartivamo, via, nella vischiosa afa d'estate. E nel tornare da Selino verso Mazzoleni, appena prima del "Mulincampagna", sulla destra avevamo il nostro autogrill; uno spiazzo a fianco della strada dove dare sosta al nostro peregrinare. Sistematicamente, arrivati, mi diceva "varda un pò la marmitta che fa uno strano rumore..."; io scendevo, guardavo "bo, non mi semb.." e quel bastardo sgasava via. Si spingeva via anche con le gambe, in un aracnomovimento scoordinato ma efficace. Tutte le volte. Non so chi dei due era più coglione.

Ma la più bella l'ha fatta con il 131 Supermirafiori 1300 TC. Gran pezzo di macchina; quando lo prese, mio padre si era sentito il più figo della valle. Trazione posteriore, figata, potessi averlo io ora (e pisciassi benzina...). Insomma, presa la patente, dopo qualche anno divenne la macchina ufficiale di mio fratello. E via in giro per la valle, in derapata con la trazione posteriore che sembrava il Generale Lee di Hazzard.
Una sera era in giro con mio cugino. Mio cugino faceva su macchina in movimento quello che io un tempo facevo su macchina ferma: navigatore. Ma no navigatore improvvisato lui, navigatore vero. Gli dettava il percorso, gradi delle curve, rettilinei, tempi, tutto. E ovviamente indossavano il casco. Il rettilineo che parte dal Centrale (passa sotto casa) e arriva a Selino era il tracciato di maggior brivido; toccavano anche i 70 e gli 80. Via!
A metà (poco dopo sotto casa) ci sta il deposito legname dei Durì. Sul piazzale d'ingresso talvolta ci stanno i carabinieri che fermano le macchine per regolari controlli. Quando si mettevano lì, noi da casa li si vedeva, e allora "ocio che gh'è i carabenèr!". Bene, quella sera "ocio che gh'era i carabenèr...". Li fermano, senza sospetti, normale controllo. Il brigadiere si avvicina al finestrino e fa per chiedere quello che chiede di solito un carabiniere. Io non c'ero, ma mi vien da ridere a pensare alla scena in cui due rusteghi campioni di rally abbassano piano il finestrino a manovella, sorridono stoccafissamente da dietro le visiere dei caschi e un brigadiere brianzolo spedito in valle per chissà quali colpe, prima incredulo e poi sornione, se ne esce: "Wue Alboreto, come la mettiamo qua?!".
Fossi stato io il navigatore, mica lo beccava il controllo...

venerdì 1 giugno 2012

Ago di cipresso o sogno di mezza primavera

Passeggio e affondo le mani nelle tasche fino a sentirmi rassicurante il profilo dei boxer aderente morbido alla pelle. Gelsomino nell'aria, inebriante e nauseante insieme. Vertigine e vomito. Bisogno di aria depurata di tangenziale. È solo un sogno ubriaco. Quella notte fa caldo. E c'è sibilo notturno continuo. Frequenza seghettata insistente penetra senza ritegno in padiglione auricolare, sbatte sul martello, sbatte sull'incudine, sballotta la vena giugulare, preme insistente sulla staffa, la chiocciola vibra, eccita il nervo acustico, frigge il cervello, logora l'essere. Azione. Mi alzo. Nel corridoio giallotico il neon rimbalza al ritmo di samba. Improvviso un balletto e lo stiletto ho stretto nella destra. 
Oddio, eccoti qui, lungo il corridoio, di questa vita, e ti ricordi, ma quanti ricordi, rimembranze, viale delle, sei come un ago di pino cembro infilatosi nei miei boxer e io sono incapace di estrarlo. L'ago.
Sul viale delle rimembranze. In ogni città è la via dei cipressi. I cipressi come il mio stiletto. L'ho nella destra, c'ho appena ballato una samba, perchè se c'è una cosa certa è che mi sta sul culo qualsiasi ballo latinoamericano e ancora di più quegli idioti che ci fanno le foto per i manifesti dei corsi con i sorrisi più idioti della loro idiozia. I manifesti sul viale delle rimembranze, tu sei il mio ago di pino, sei il sorriso fasullo sul manifesto del viale delle rimembranze, io sono sul viale e il neon balla la samba. La reazione è immediata, il mio stiletto ti penetra dritto nel timpano e la seghettata si spezza immediatamente, il tuo incudine non produrrà mai più alcun suono, fottuto moog scassato del cazzo da 3000 euro per collezionisti. Spingo e ti entro nel cervello, spingo e passo all'altro timpano e suono la quinta ta ta ta taaa, spingo ed entro nel viale delle rimembranze, dritto nella tua tomba, spingo e attraverso la cruna dell'ago di pino mentre annaspo in apnea nel tuo sangue che è già morto e per questo lo chiameranno campo di sangue, ballando il samba delle neone, il tango delle capicipresse. Zam Zam.